Abbazia di Santa Maria di Cerrate
Illustrazione dell’Abbazia del 1692
Un tempo monastero di rito bizantino con scriptorium e biblioteca, poi centro di produzione agricola specializzato nella lavorazione delle olive: l’Abbazia di Cerrate restituisce un affascinante racconto della sua doppia anima di luogo di culto e masseria storica.
Immersa in un meraviglioso paesaggio di uliveti, alberi da frutto e aree coltivate, leggenda vuole che l'Abbazia sia stata fondata in seguito ad una visione da parte del re Tancredi d'Altavilla, conte di Lecce, che visse tra il 980-990 e il 1041 a cui apparve l'immagine della Madonna, dopo aver inseguito una cerbiatta in una grotta. Molti luoghi sacri di Puglia sono legati alla grotta, la caccia e una cerva (Pulsano, Madonna della Scala a Massafra solo per esempio).
Sorta in prossimità della strada romana che univa Brindisi con Lecce e Otranto, l’Abbazia viene ampliata fino a divenire uno dei più importanti centri monastici dell’Italia meridionale: nel 1531, quando passa sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, il complesso comprende, oltre alla chiesa, stalle, alloggi per i contadini, un pozzo, un mulino, due frantoi ipogei.
Oggi, dopo un complesso intervento di restauro che ha permesso anche di riaprire al culto la Chiesa di Santa Maria di Cerrate, l'Abbazia è nuovamente visitabile e rappresenta uno splendido esempio di architettura romanica pugliese impreziosita da importanti affreschi che ne fanno un unicum nel mondo bizantino.
Molto più probabilmente fu costruita agli inizi del XII secolo quando Beomondo d’Altavilla figlio del valoroso Roberto il Guiscardo vi insediò un cenobio di nobili monaci greci basiliani, seguaci della legge di San Basilio Magno. Secondo la tradizione questi monaci basiliani abitarono stabilmente a Cerrate dalla metà del XII secolo, infatti questo è proprio testimoniato da una vivace attività di biblioteca e da uno scriptorium.
Nel 1531 l’Abbazia entrò sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli e dalle documentazioni pervenute si deduce che il complesso aveva già raggiunto una struttura ricca e articolata. Attorno alla chiesa si affiancarono diverse strutture di diverse provenienze da periodi diversi, come la Casa Monastica e la Casa del Massaro che risalgono al XIX secolo, un edificio che si presupone sia stato una stalla dei primi decenni del XVI secolo e il pozzo in pietra leccese del 1585 che attesta la presenza di una cisterna e alcune leggende dicono che vi si nascondesse un tesoro, “l’acchiatura”, nella direzione in cui guardava l’uomo scolpito in cima al pozzo. Per proteggere il tesoro durante tutte le scorrerie turche del 1700, all’angioletto fu tolto il viso.
Nel 1711 a causa delle scorrerie turche, l’Abbazia precipitò in uno stato di totale abbandono fino al 1965, anno in cui, grazie l’intervento della Provincia di Lecce, iniziarono i primi lavori di restauro; dal 2012 il complesso è stato affidato al FAI in concessione trentennale per restaurarlo e riaprirlo al pubblico.
La piccola loggia addossata al fianco sinistro della Chiesa di Cerrate, rimane uno dei motivi più originali e preziosi del nostro monumento. Le ritmiche arcate, che lo delimitano sui tre lati della pianta rettangolare, (uno dei lati è composto dalla parete sinistra della navatella a cui è addossato), la piccolezza delle dimensioni, impreziosito da colonne cilindriche e poligonali che reggono dei splendidi capitelli figurati - autentici piccoli capolavori di scultura e simbolismo - gli conferiscono un aspetto intimo e pregiato.
Il primo elemento che rapisce entrando in questo complesso abbaziale è la Chiesa costruita in stile romanico pugliese. Sulla facciata a salienti si colloca il rosone centrale. Il portale è sormontato da un’arcata con bassorilievi che riportano ad alcune scene dell’antico testamento: innanzitutto l’Annunciazione, riconoscibile dalla Vergine a sinistra e l’Angelo a destra, poi in successione la Visitazione, la Processione dei Re Magi e la Natività. L’ultima scena dopo diverse interpretazioni si è giunti alla conclusione che è la Lavanda del Bambino. Ha un prospetto monocuspidale decorato da una serie di archetti che fa intuire facilmente la spartizione interna della struttura.
Ai lati, alla base dell’arco, proprio sopra i capitelli dalle foglie di acanto, due maialini ai lati che guardano chi entra in chiesa. Il maialino è sempre stato considerato un animale impuro e rappresentato così all’entrata di una chiesa, chiede all’uomo di liberarsi di tutte le sue impurità prima di entrare.
La chiesa all’interno è divisa in tre navate con absidi, vi si trovano delle decorazioni in stile romanico salentino, risalenti dal XII secolo in poi.
L’interno della chiesa veniva continuamente affrescato. Sul dipinto non più leggibile si picchettava sull’affresco precedente per fare aderire la successiva decorazione ad affresco creando così un palinsesto. Il termine palinsesto nel linguaggio dei filologi si riferisce al codice di pergamena su cui, raschiata la prima scrittura, si può scrivere un nuovo testo (dal greco palímpsestos da 'palin psaomai' che vuol dire "raschiato di nuovo").
Durante i restauri effettuati nel 1965 sono state adoperate delle tecniche restaurative molto aggressive utilizzando la tecnica dello strappo: si staccavano dalle pareti gli affreschi più superficiali per visualizzare gli strati precedenti.
Questo metodo primitivo in quanto si va altro che a deturpare quello che mani nel corso dei secoli hanno costruito, si giustifica con la bramosia di scoprire i precedenti strati. Così si è perso l’impianto decorativo che si era conservato. Oggi i dipinti che la adornavano le pareti sono in esposizione in un’altra stanza e quello che rimane nella chiesa sono solo qualche traccia di alcuni dipinti preesistenti.
Il pozzo costruito nel 1585 fungeva da fonte e cisterna, attingendo con ogni probabilità l’acqua dalla falda acquifera sottostante, ma anche da una struttura di canalizzazione di quella piovana che era posta sull’edificio retrostante. Il suo restauro è stato realizzato dal Fai grazie al generoso contributo della Fondazione Prada, una operazione partita ufficialmente nel giugno 2014 quando, in occasione dell’inaugurazione del negozio della griffe in via Sparano a Bari, l’azienda di Miuccia Prada decise – come già successo a Bologna e a Padova – di finanziare il recupero di due monumenti locali su indicazione del Fondo Ambiente Italiano.
Chi è alla ricerca della spiritualità di un antico monastero che racchiude una chiesa romanica, scolpita nella bianca pietra leccese, dovrebbe visitare questo stupendo monumento che ha ancora la funzione di edificio sacro immerso nel mare verde-argenteo degli olivi a nord di Lecce: Cerrate è uno dei luoghi simbolo del Salento. Questo luogo fu molte cose. Anzitutto, un polo religioso e culturale, fino al Cinquecento, ma successivamente, trasformata in masseria, accentuò ancora di più le sue caratteristiche di centro di aggregazione e produzione agricola.