Carnem levare - dai saturnali alle propaggini

Il carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cristiana e in particolare in quelli di rito cattolico: i festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi, in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante è l'uso del mascheramento. Secondo la più accreditata interpretazione la parola carnevale deriverebbe dal latino carnem levare ("eliminare la carne"), poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale, prima della Quaresima, periodo di astinenza, che precede la Pasqua.

Amatissimo in molte parti del mondo, il Carnevale è l’evoluzione delle celebrazioni dionisiache greche e dei saturnali romani, eventi a cui partecipava tutta la popolazione, sia gli uomini liberi che gli schiavi, dove si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.

Ancora oggi questa festa è celebrata all’insegna del puro divertimento tra sfilate, travestimenti e burle.

A Putignano si conserva la tradizione da più di 700 anni in un tripudio di costumi, carri e musiche coinvolgenti. Non ha la raffinatezza del Carnevale di Venezia con le maschere e abiti tipici del ’700-’800 che impreziosiscono calli e piazze, ma di certo non gli manca il carattere ne tanta storia, che vede mescolata fede e vernacolo.

Foto di un carro di cartapesta negli anni ‘50

Il 26 dicembre si inaugura ufficialmente il Carnevale di Putignano, con un ricco calendario di riti e tradizioni che animano il centro storico e l’intera città fino al martedì grasso: il più lungo d’Italia nonché più antico di Europa.

Un pò di storia, un pò di leggenda.

È il 1394. La costa pugliese è preda delle scorrerie saracene, i tentativi di assalto si susseguono e la paura dei saccheggi inizia a preoccupare la popolazione.

Il Castello di fu fatto costruire nel 1086 da Goffredo Conte di Conversano, a sud di Monopoli, in prossimità di due insenature naturali. Diventato sede dell’ordine dei Benedettini, questi vi fondarono il monastero e l’abbazia, con annessa chiesa romanica.

L’imperativo è uno: proteggere dalle razzie ciò che di più prezioso è custodito nel territorio: parliamo delle reliquie di Santo Stefano Protomartire, conservate nell’Abbazia Benedettina di Santo Stefano a Monopoli, che sorge proprio sulla linea di costa, fuori dall’abitato fortificato della città. Allontanarle dalla costa e spostarle nell’entroterra sembra essere l’unica soluzione possibile: Putignano, perfetta per la sua posizione a circa 20 km dalla costa, viene scelta come meta del trasferimento.

Il reliquiario, manufatto di oreficeria romanica in argento cesellato risalente all’inizio del XIII secolo, contiene un frammento del cranio di santo stefano protomartire. La reliquia potrebbe essere arrivata in Italia nel 1099 dopo la Prima Crociata.

Il 26 dicembre 1394 le reliquie, accompagnate da un corteo sacro, vengono traslate nella chiesa di Santa Maria la Greca, lì, dove tutt’oggi sono ancora custodite.

Il 26 dicembre coincide con il giorno di Santo Stefano e dei festeggiamenti in onore di quello che nel frattempo è diventato il santo patrono della città. Partendo dalla Chiesa di Santa Maria, lì, dove dal 1394 sono custodite le sue reliquie, la processione dei fedeli tra le vie della città, raggiunge la piazza dove avviene il passaggio del cero tra il Presidente del Comitato Feste Patronali e il Presidente della Fondazione Carnevale di Putignano, simbolica richiesta di perdono per tutti i “peccati” che si andranno a commettere durante il Carnevale, da sempre sinonimo di eccessi.

Il rito del passaggio del cero lascia il posto alla Festa delle Propaggini.

Così la storia si intreccia alla leggenda, il sacro al profano: il racconto, tramandato dalla tradizione orale, vuole che i contadini di Putignano impegnati nell’innesto delle viti con la tecnica della propaggine, al passaggio della processione di quel 26 dicembre 1394 abbandonassero campi e lavoro per accodarsi festanti al corteo, ballando, cantando e improvvisando versi satirici in vernacolo. E’ interessante che siano il vino e il cattolicesimo, in una vicinanza diversa dal solito.

La Festa delle Propaggini è una pacifica sfida in vernacolo a suon di satira. Gruppi e poeti dialettali, i cosiddetti “propagginanti”, sono i protagonisti indiscussi di una ormai famosa e folcloristica esibizione; in abiti da contadini e arnesi da lavoro, ripercorrono l’anno appena trascorso recitando i famosi cippon, versi satirici in rima contro politici e personaggi noti della città. Un rito purificatorio della comunità che, “mettendo in piazza” i misfatti della vita cittadina, attraverso la satira denuncia i propri mali per propiziare un futuro migliore.

I propagginanti si alternano sul palco, allestito nella suggestiva Piazza Plebiscito, per piantare il cèppone, simbolo della festa, dal duplice significato: pianta della vite e organo sessuale maschile, il che fa chiaramente presagire il colorato e allusivo contorno dei testi recitati.Tra il racconto in chiave satirica delle vicissitudini cittadine e la serie di allusioni alla sfera sessuale, si arriva al momento in cui un’attenta giuria proclama il gruppo vincitore della serata: satira, padronanza del dialetto, rispetto della tradizione, efficacia dei testi, recitazione ed esecuzione musicale i criteri di valutazione.

Il Carnevale di Putignano è emblema dell’arte della cartapesta che, da decine di anni, si concretizza nella realizzazione di magnifici carri allegorici, maschere di carattere e gruppi mascherati, protagonisti della colorata carovana dei corsi mascherati.

Il primo carro allegorico pare risalga ai primi del Novecento, anni in cui venivano realizzati piccoli carretti con pupazzi di paglia e stracci. Il trionfo della cartapesta si raggiunge negli anni ’50, con l’introduzione di innumerevoli tecniche lavorative: al telaio di filo di ferro ricoperto di carta di giornale, si affianca la lavorazione dell’argilla, reperibile in loco a basso costo, facilmente smontabile e perfetta per la creazione di nuovi supporti.

I carri allegorici odierni, autentiche opere d’arte realizzate con assoluta maestria dai maestri cartapestai, prendono vita nelle fucine dei Capannoni, storici ed affascinanti laboratori che per mesi cullano i carri, accompagnandoli dal momento dell’ideazione a quello della realizzazione.

Farinella è la maschera tipica del Carnevale di Putignano.

Il suo nome è preso in prestito dal piatto simbolo della cucina putignanese: una farina finissima, ricavata da ceci e orzo prima abbrustoliti poi ridotti in polvere dentro piccoli mortai di pietra; un alimento semplice e sostanzioso, in passato immancabile presenza sulle povere tavole contadine, destinato al connubio con sughi, olio o fichi freschi.

Al primo Farinella, una specie di ubriacone sbrindellato senza caratteristiche particolari se non la miseria, segue agli inizi degli anni ’50 la versione di Mimmo Castellano, su richiesta dell’allora presidente del Carnevale di Putignano il commendatore Elefante.

Castellano ne stravolge abbigliamento e personalità: il nuovo Farinella è una fusione tra la maschera di Arlecchino e il Jolly delle carte da gioco, ha un abito a toppe multicolori, un gonnellino rosso e blu – colori della città – e un cappello a tre punte con campanelli, simbolo dei tre colli su cui sorge Putignano. Della maschera originale Castellano decide di mantenere solo il volto rubizzo e il naso rosso.

Allegro e scanzonato, con quegli occhi beffardi e il sorriso ironico riassume il carattere dei putignanesi: provocatori, ironici, innamorati della vita, del buon bere e del godere a tavola. Orgogliosi della loro terra e del loro dialetto.

Farinella è il simbolo di un Carnevale che dura tutto l’anno, di una festa che racchiude allegria, riflessione, malinconia, gioia ed eccesso. In una parola, la vita.

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Stilisticamente ortodossi ed artisticamente originali, le caratteristiche delle icone.