Il castello di Federico, forse si, forse no…
Come la corona dell’Imperatore, questo edificio ha funzione cratofonica, ad indicare un atto di potenza, una manifestazione di forza.
Il limite ultimo della ragione è quello di ammettere
a se stessa che esiste qualcos’altro
che la possa superare - Pascal
La fabbrica si mostra in tutta la sua geometrica bellezza, vestita di quella pietra calcarea, simbolo e ossatura delle Murge, lavorata ad arte e con lucida ossessione per rappresentare un solo numero: l’otto. Otto lati dell’ottagono, otto torri ottagonali, cortile interno con otto lati.
Vi consiglio una visita a primavera, quando la terra è piacevolmente fresca, la poca erba che ricopre le rocce emana un delizioso profumo di timo. Spero vi chiederete perché il castello è stato costruito proprio su questo colle, a questa latitudine. Nei giorni degli equinozi, l’ombra di un palo piantato verticalmente, rilevata un’ora prima e un’ora dopo mezzogiorno, individua un angolo di quarantacinque gradi che sottende una corda che corrisponde al lato di un ottagono. Alla stessa latitudine i punti dell’orizzonte in cui si vede sorgere e tramontare il sole alle date dei solstizi, congiunti idealmente tra loro, disegnano un rettangolo in rapporto aureo, secondo il numero 1,618, del quale Castel del Monte si colloca al centro.
Vi accompagno in visita ad un manufatto unico.
Non è un edificio dedito a funzioni militari. È una costruzione sprovvista di quegli elementi caratteristici delle strutture difensive come un fossato, le cannoniere o le caditoie; troppo sofisticata per essere una prigione e troppa piccola per ospitare la numerosa corte imperiale.
E’ un grandioso calendario in pietra di incredibile perfezione e maestria, costruito usando la “divina proporzione”, il pi-greco, numero che esprime il rapporto tra la lunghezza di una circonferenza e il suo diametro. Si tratta di un numero irrazionale (cioè decimale illimitato non periodico) e trascendente (non è radice di nessuna equazione algebrica a coefficienti interi): 3,14
Rappresenta una costante della natura stessa. Lo hanno studiato gli Egizi, i Greci, i Cinesi... Lo ritroviamo nelle dimensioni delle ali degli aerei, nell’iride dei nostri occhi o, ancora, nella doppia spirale del DNA. Potremmo pensare di definire il pi greco come il compagno della nostra evoluzione, simbolo di progresso. Il numero è 3,141592….“ π” è celato tra i conci di Castel del Monte in Puglia, della Piramide di Cheope al Cairo, della Cattedrale di Chartres a Parigi, del Partenone ad Atene.
Non si sono trovati documenti storici che ci raccontano della sua edificazione. La costruzione è stata sempre circondata da un’aura di mistero. Nessuno conosce con certezza la data della sua costruzione, nessuno sa chi l'abbia progettato e voluto, nessuno sa per quali scopi sia stato utilizzato!
Chi lo vuole costruito, o addirittura progettato da Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia, sembra dimenticarsi che esiste un solo piccolo documento che lega questa magnifica fabbrica all’imperatore. Pensate, uno solo misero messaggio del 1240, nel quale l’Imperatore ordinava di manutenere i lastrici, che non può dimostrare nulla della sua paternità. E poi un castello senza scantinati, cucine, stalle, servizi adeguati per l’abitazione, elementi di difesa, non può essere un castello.
Il primo documento storico ritrovato che lo riguarda riporta il restauro effettuato dalla famiglia Carafa nel 1566.
La percezione è che si sia voluta cancellare ogni traccia, così come sono state scalpellati sino a renderle irriconoscibili i bassorilievi che decorano il cortile interno.
I conci di pietra squadrati con arte infinita a formare il cortile ottagonale, quel cortile che gioca con il sole per scandirne i ritmi stagionali, come un’analemma proiettato da un antico astrolabio. In alto il poligono di stelle disegnato dalla cortina sembra indicare la porta del cielo.
Otto sale al piano terra, otto al primo piano, tutte identiche, tutte trapezoidali e perfettamente squadrate, collegate tra loro da tre scale edificate nelle torri con avvitamento sinistrorso, del tutto contrario alle normali tecniche costruttive dei castelli medioevali da difesa, in cui le scale si avvitano in senso orario per limitare l’uso della mano destra armata di chi sale per offendere.
Quelle scale invece invitano a salire... C’è chi ci intravede l’influenza dalla tradizione orientale: nella loro cultura, chi entrava nei templi si accostava a compiere un viaggio verso la purificazione.
Nelle altre torri ci sono cisterne per la raccolta delle acque piovane, e i bagni, dotati di latrina e lavabo, ed affiancati tutti da un piccolo ambiente, probabilmente utilizzato come spogliatoio o forse destinato ad accogliere vasche per abluzioni.
La visita alle sale è obbligata. Il cammino da compiere è imposto da una sottile gerarchia: nota il senso di chiusura delle porte, la decorazione dei portali, sempre ricca nei prospetti quanto povera nei retro prospetti. Sembra dire al visitatore: “attento, ciò che ti si para davanti è più nobile di ciò che lasci alle spalle”.. Ai lati delle sale si slanciano le colonne tristili in marmo turco e alla base i sedili di pietra disposti lungo tutto il perimetro. Intorno a questi sedili una sottile scanalatura li avvolge tutti.
La sala numero otto del piano terreno, dotata di camino e servizi igienici, ha due quadrati disegnati sul pavimento. Qui ogni strada si arresta. Non comunica con le altre e un tempo era possibile isolarsi come in tutte le 5 sale dove esiste un camino. La chiusura della porta si comanda solo dall’interno.
Le sale del piano superiore sono anche più rifinite dal punto di vista decorativo, più raffinato e ricercato. Le pareti, originariamente, erano rivestite di lastre di porfido, un marmo di colore rosso, una tonalità non casuale in quanto il rosso era considerato il colore imperiale.
Sono tanti i misteri che avvolgono il castello, una tra le tante il toponimo con la quale era conosciuta in tempi storici: Santa Maria del Monte.
Nel 1876 fu acquistato dallo Stato Italiano e sottoposto a restauri; dal 1996 fa parte dei patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.
Il misterioso ed iconico castello pugliese è raffigurato sulla faccia italiana della moneta da 1 centesimo di Euro ed usato come suggestivo set cinematografico nelle scene di alcuni film e riprese televisive, tra cui “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone (vincitore di sette David di Donatello) e “Wonder Woman” di Patty Jenkins per la Warner Bros.