Le tholos di Puglia

Le casedde di Costa Ripagnola a Polignano a Mare

“Nel paesaggio trovi quello che c’è, quello che si vede, più qualcos’altro che appartiene solo alla tua immaginazione”. Fabrizio Caramagna

I trulli sono oggetto di grande orgoglio per i pugliesi, un tesoro di inestimabile valore da proteggere e tutelare. Negli anni ’80 erano rimasti davvero in pochissimi a saper ancora costruire un trullo. Il trullaro è uno tra i mestieri più antichi della regione che sono oggi parte del patrimonio immateriale di Puglia. I mastri “trullari” rimasti ad Alberobello e Locorotondo sono stati in grado di tramandare l’antica arte della costruzione a secco a tutta una generazione di giovani artigiani della pietra, alcuni dei quali sono di origine albanese, dove l’arte della costruzione senza malta è molto diffusa.  

Domenico e Giuseppe Palmisano al lavoro sul cono. Posano le chiancarelle con il martello cosiddetto a “seidenti”, necessario per sbozzare ed adeguare il singolo elemento litoide al sito dove sarà collocato.

L'arte di Giuseppe Palmisano

Il trullo (dal greco “tholos”, cupola) è edificato con pietra calcarea. Il termine con cui viene chiamata questa costruzione a secco è “casedd” (piccola casa): è realizzata con la stessa tecnica dei muri a secco - “paret.”

I trulli edificati in campagna, sono differenti da quelli edificati nei centri abitati, hanno scale esterne e ripiani che servono da essiccatoi come ad esempio (u tavlat) soppalco di legno (u scalantron) per poggiare i fichi (sugli spurt) durante l’essiccazione.

Gli attrezzi che servono per costruire questa piccola casa sono: martello, seidenti, filo a piombo, squadro, un cerchio di filo di ferro e un bastone che serve come guida (guidamest), una “callared” - contenitore dove impastare la calce, una zappa ed un piccone (u pech).

Il materiale da costruzione è la pietra calcarea: il terreno è carsico con un sottile strato pietroso di terra rossa (con molte rocce affioranti) chiamate “pintm” nel dialetto  locale. I trulli si sono diffusi nel nostro territorio nel periodo classico. Come insegnava il prof. Fedele di Alberobello, sono di complessa datazione in quanto edificati come ricoveri temporanei nelle campagne. Non si conoscono trulli particolarmente antichi: i più vetusti possono essere datati alla fine del XVII secolo, riconoscibili dall’appiombo del tetto a cono. La proliferazione dei trulli in Puglia, fu la conseguenza dell'imposizione fiscale sulle nuove costruzioni. I nobili, per eludere le tasse sulle nuove costruzioni facevano costruire agli agricoltori strutture rigorosamente provvisorie, erette in maniera grossolana e senza malta, affinché, in vista di un’ispezione del governo, potessero essere velocemente demolite evitando di pagare imposte regie e poi a ispezione passata, poterle ricostruire. E’ la storia dell’abitato di Alberobello, oggi patrimonio Unesco.

L’area di diffusione del trullo e molto ampia e dalle colline di Martina Franca e Locorotondo, passando per Alberobello, Conversano, Castellana e Monopoli, si protende verso la linea di costa tra Polignano e Monopoli.

Si usava solo materiale reperito localmente. Infatti le strutture a tholos sono diffuse solo dove ritroviamo una specifica disposizione tettonica e stratigrafica del terreno, che rende disponibile estrarre idoneo materiale necessario alla costruzione di queste strutture a secco. In superficie vi sono strati sottili di circa 5- 10 cm di spessore - usati nelle ciancarelle di copertura del cono -, piu’ in profondita’ strati spessi, necessari per realizzare la struttura portante. Per la pavimentazione del trullo si utilizzavano lastre sottili di pietra calcarea dette basole (chianhcl) sapientemente levigate con attrezzi quali il “seidenti” ed il “busciard“.

I trulli custodiscono il principio “delle possibilita’ limitate” applicato alla stessa maniera per costruzioni simili in tutto il bacino del Mediterraneo. Sono una costruzione severa e la tecnica con la quale sono costruite e’ legata al passato remoto di questa terra, prima ancora della storia scritta, nell’eta’ del Bronzo.

Nella nostra regione, la civiltà contadina ha modificato una terra arida e non adatta a colture agricole redditizie: il contadino sceglieva il posto dove costruire il trullo, in genere nella parte più rocciosa meno adatta alle coltivazioni, eliminando la roccia affiorante che veniva utilizzata per la costruzione della base del trullo e dei muretti a secco.

Paesaggio delle campagne tra Locorotondo e Martina Franca

La sommità della copertura conica del trullo termina con filari di chiancarelle di dimensioni minori. Esse sono bloccate dal pinnacolo, elemento cuspidato, composto nella maggior parte dei casi da quattro elementi.

La prima parte è costituita dagli ultimi filari sigillati con malta e generalmente imbiancati con calce; la seconda, in pietra, è detta cannarile e ha forma cilindrica o a tronco di cono; la terza, sempre in pietra, è detta carrozzola o scodella, secondo la forma; la quarta e ultima parte, la cocla, spesso costituita da una sfera di pietra, può assumere svariate forme. Per alcuni studiosi i pinnacoli sono una sorta di “marchio”, posto dai differenti maestri trullari per contraddistinguere il proprio lavoro, o un semplice elemento decorativo prescelto dai proprietari della casa. Per altri, la loro origine è da ricondurre a una primitiva simbologia magica. Non a caso, le forme che li caratterizzano, (il disco, la sfera, il cono, la piramide a base quadrata o triangolare), nell’antichità erano connesse al culto solare, praticato dai popoli agricoli primitivi e documentato in Puglia fino al primo secolo A.C.

Nei trulli più antichi, il corto cilindro e il disco disposto orizzontalmente sono sormontati da una piramide appena abbozzata, con base triangolare o quadrata. A volte la cocla diviene un poliedro cruciforme o stellato, a volte ripete alcuni dei simboli dipinti a calce. Talora è costituita da una sfera sormontata da una croce, emblema della cristianità. Per questi elementi, infatti, così come si è verificato per i simboli dipinti, l’originario valore magico sarebbe stato sostituito, progressivamente, da un’interpretazione religiosa.

Nelle costruzioni più recenti, la modificazione del gusto estetico e la migliorata capacità tecnica hanno permesso che le forme tradizionali fossero sostituite da sculture antropomorfe o decorative. Di varia forma e dimensione i pinnacoli sono presenti su tutti i trulli, e rappresentano tutt’ora un vanto di bellezza della propria abitazione.

Sul frontale di ogni cupola vi sono dipinti dei simboli, anch’essi, di valore propiziatorio o magico, sia di origine pagana che di origine cristiana. A questi simboli disegnati sulle chiancarelle utilizzando la calce si attribuiscono vari significati. Vi è una notevole quantità di segni, curiosi e strani, dipinti a calce sui tetti conici dei trulli, interessanti per origine, funzione e varietà tipologica. Apparentemente insignificanti, ma eseguiti sulla base di reminiscenze, di regole ataviche, di miti e di cerimonie superstiziose, la maggior parte di quelli che si sono conservato sono di natura religiosa. Tali raffigurazioni, rese grossolane a causa della superficie del tetto e della non sempre specifica capacità decorativa dell’imbianchino, sono spesso identificabili per intuizione più che per la chiarezza del disegno. Seguendo una classificazione risalente al 1940, ormai consolidata, è possibile suddividerli in: primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. Tale suddivisione è puramente indicativa e, benché la sua validità scientifica sia relativa, risulta funzionale a una rapida identificazione.

Tratto da: “La Guida Storico-Turistica di Alberobello”  - Tommaso Galiani SAN.VER.AL PROJECT – 1999

I simboli

Sul frontale di ogni cupola vi sono dipinti dei simboli, anch’essi, di valore propiziatorio o magico, sia di origine pagana che di origine cristiana. A questi simboli disegnati sulle chiancarelle utilizzando la calce si attribuiscono vari significati. Vi è una notevole quantità di segni, curiosi e strani, dipinti a calce sui tetti conici dei trulli, interessanti per origine, funzione e varietà tipologica.

Apparentemente insignificanti, ma eseguiti sulla base di reminiscenze, di regole ataviche, di miti e di cerimonie superstiziose, la maggior parte di quelli che si sono conservato sono di natura religiosa. Tali raffigurazioni, rese grossolane a causa della superficie del tetto e della non sempre specifica capacità decorativa dell’imbianchino, sono spesso identificabili per intuizione più che per la chiarezza del disegno. Seguendo una classificazione risalente al 1940, ormai consolidata, è possibile suddividerli in: primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. Tale suddivisione è puramente indicativa e, benché la sua validità scientifica sia relativa, risulta funzionale a una rapida identificazione.

Sui trulli pugliesi, infatti, sono stati individuati circa duecento segni, tra quelli ancora in uso e quelli descritti da storici del passato. In realtà, anche se quasi tutti i simboli hanno acquisito un significato eminentemente cristiano, il contadino non riesce a staccarsi da un loro fine utilitaristico e apotropaico. L’antica credenza popolare, infatti, considerava questi segni dotati di particolari virtù magiche e capaci di allontanare le influenze maligne. Anticamente si viveva in funzione del buon esito di un raccolto, temendo che una stagione avversa o una qualsiasi malattia non consentisse di lavorare. I simboli, tramandati di generazione in generazione, in caso d’abbattimento del trullo, erano riportati sul cono appena edificato. Se la presenza di tali segni nelle zone rurali era garantita dalla tradizione, in paese, al contrario, nel corso degli anni tendeva a sparire.

Non essendoci stata tramandata alcuna informazione, se non orale, tutto ciò che si è detto sull’interpretazione di tali emblemi è frutto d’intuizioni, deduzioni o parallelismi degli studiosi.

Rione Monti ad Alberobello. A scopi meramente turistici sono stati riproposti segni sulle chiancarelle. Non conosciamo quali simboli storicamente era dipinti su queste abitazioni

ll trullo e' architettura semplice ma al contempo ingegnosa, ha seguito l’evoluzione della societa’ agricola a cui è intimamente legato. La sua struttura modulare ha consentito facilmente l’adattamento alle esigenze abitative. La sua proliferazione, fuori dall’abitato di Alberobello, che risale al XVI secolo, è il frutto di un cambio amministrativo nella gestione dei vasti patrimoni nobiliari. Nel 1800 Giuseppe Bonaparte abrogò le leggi feudali, e nel 1807 Gioacchino Murat abolì la servitù delle terre dandole in enfiteusi perpetua agli agricoltori, e fu così che questo mondo immobile per secoli, fu attraversato da una scossa di modernità. Murat vietò inoltre l’acquisto dei latifondi affichè fosse creata una nuova classe di proprietari trasformando i contadini in possidenti. Alleviò così la miseria delle campagne, accrebbe le ricchezze della città, migliorò le finanze dello Stato e affrancò l’Italia meridionale dai sistemi feudali che ancora l’opprimevano. Fu solo grazie a questi cambiamenti che moltissimi piccoli agricoltori poterono diventare proprietari del loro destino e della loro casa.

Ricostruzione di capanna paleolitica, con tetto di legno.

Parco di Santa Maria di Agnano - Ostuni

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Il chiummo di San Giovanni e il solstizio.

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Apulian street food: il panino cegliese.