Olivi e Xylella, lo sguardo di un addetto ai lavori
Quando e come ha avuto inizio la questione?
Gli olivi, simbolo della Puglia, della sua storia, della sua geografia economica e politica, gli olivi, albero sacro per i nostri precedecessori, l’olio di oliva pugliese, fiore all’occhiello della nostra gastronomia, autentica medicina naturale e alimento base della dieta sana, riconosciuto da ogni medico un autentico toccasana, gridano Aiuto.
La geografia della Puglia rischia di essere stravolta dalle modalità di gestione politica della cosiddetta “emergenza Xylella”, sicuramente più nociva di qualunque batterio.
La storia è lunga ed inizia nel 2004, a seguito di disseccamenti di alberi di olivo osservati nel Salento occidentale. Nel 2013, subito dopo il ritrovamento del batterio Xylella fastidiosa (Xf) nell’area di Gallipoli, tali sintomi sono stati attribuiti a un insieme di concause biologiche (funghi patogeni di vario genere, rodilegno giallo, Xylella fastidiosa), agronomiche (mancanza o scarsa qualità delle potature e di cura del suolo) e ambientali (abuso di prodotti chimici, in particolare diserbanti), tanto che la causa venne fatta risalire alla denominazione «complesso del disseccamento rapido dell’olivo» (CoDiRO).
Nondimeno, l’attenzione è stata concentrata sulla Xf, la cui eradicazione è divenuto obiettivo centrale delle politiche istituzionali benché non ci fosse evidenza scientifica della correlazione fra disseccamento e presenza del batterio (buona parte delle piante disseccate risultavano negative al batterio e piante apparentemente sane risultavano positive) e benché fosse risaputo che nessun altro Paese al mondo fosse riuscito a eradicare quel batterio. Sul sito ufficiale istituzionale http://www.emergenzaxylella.it/portal/portale_gestione_agricoltura non sono disponibili dati sintetici delle cifre, in ogni caso, riferendoci a fonti attendibili, si stimano circa 21 milioni di olivi fra disseccati e abbattuti fino al 2019 su 60 milioni di olivi totali in Puglia.
Cosa sta facendo la Regione Puglia?
- Eradicazioni delle piante trovate infette (seppur sane e fruttificanti) con modalità assolutamente non trasparenti, nonché violanti i principi della proprietà privata (i proprietari dovrebbero consultare il labirintico e farraginoso sito ufficiale per scoprire che i propri alberi verranno espiantati, numerosi i casi di proprietari che, recatisi nel loro fondo, non hanno trovato più piante estirpate dai mezzi dell’ARIF senza preavviso, nessuno ha ricevuto copia del certificato di analisi che ha decretato la positività delle piante, ecc.)
- obbligo dei proprietari all’uso di insetticidi non selettivi per combattere il presunto vettore del batterio (un insetto detto Sputacchina ossia Philaneus spumarius, assolutamente innocuo ed ubiquitario in Puglia, popolando anche spazi naturali, lame, gravine, prati e seminativi)
- obbligo di diserbo meccanico o chimico (con buona pace della riproduzione delle erbe spontanee e della biodiversità) e, per concludere,
- divieto di reimpianto di piante ospiti della Xylella fastidiosa ossia, praticamente, tutte le specie da noi coltivate e spontanee della macchia mediterranea,
queste le modalità, a dir poco irrazionali, irrispettose e, agli occhi di chiunque abbia un minimo di conoscenza della biologia dei sistemi naturali, criminali, messe in campo dalla Regione Puglia per combattere il flagello ma che costituiscono di per sé un flagello, proseguono, in nome di un “piano di emergenza”, da ben 9 anni. Proseguono perché efficaci? No, la loro inefficacia è sotto gli occhi di tutti: il disseccamento continua a risalire la Puglia ed, attualmente, i rilievi ufficiali riscontrano piante positive al batterio anche nei comuni di Monopoli, Polignano, Castellana.
Esistono cure?
Ai dati di fatto fin qui esposti, è importante aggiungere un’altra osservazione: attualmente sono disponibili n° 5 protocolli (https://ulivivo.it/le-cure/), elaborati da ricercatori privati e centri di ricerca pubblici, che stanno mostrando, unitamente alle Buone Pratiche Agricole, un’efficacia nella rigenerazione delle piante disseccate e che molti olivicoltori, a loro proprie spese, stanno utilizzando. Tuttavia assolutamente NULLA è l’attenzione delle istituzioni scientifiche qualificate nei confronti dello studio, dell’approfondimento, della documentazione e, da parte degli enti governativi mai si è plateat la programmazione di una campagna di finanziamenti a favore della cura delle piante. Metto a disposizione di chiunque fosse interessato i dati in mio possesso che mostrano oliveti disseccati e, a seguito di 2 anni di cure, completamente verdeggianti ed in piena produzione.
Ma che strano....... Come mai una Regione dovrebbe calpestare i suoi stessi interessi e mettere a repentaglio il proprio paesaggio e la propria economia?
Queste anomalie e contraddizioni, oltre a sollevare dubbi sulla gestione, inducono naturalmente questa domanda. L’interpretazione personale di me che seguo la vicenda pressappoco da quando è iniziata, ho contribuito a fondare e sostengo ogni giorno il comitato UliVivo – Stop alle eradicazioni, lavoro quotidianamente in qualità di consulente agronomico di campo per la NutrixRevolution https://www.nutrixrevolution.com/ che ha messo a punto un protocollo che si sta dimostrando straordinariamente efficace per la rigenerazione di piante disseccate fino al 95%, è che l’olivicoltura di Puglia mal si accorda con le logiche delle politiche finanziarie globali. I costi della manodopera, la scarsa redditività della coltura, l’estinzione del lavoro agricolo qualificato dalle ambizioni dei giovani, l’esiguità dell’estensione media dell’azienda agricola pugliese e, di contro, l’idoneità del territorio pugliese ai parametri necessari agli impianti fotovoltaici ed eolici (la cosiddetta Green Energy è in realtà molto poco “green”) che rende conveniente la svalutazione del prezzo dei terreni, costituiscono già da sé contributi validi per una spiegazione. Se a questo si aggiunge l’indotto commerciale creato da quello che viene spontaneo chiamare “affare Xylella”, tra cospicui finanziamenti europei che, da un lato rifondano costantemente le aziende appaltate per gli espianti ed i loro numerosi dipendenti, dall’altro incentivano la capitozzatura ed il reimpianto con sole 2 varietà (il Ministero dell’Ambiente li ha definiti “sussidi ambientalmente dannosi” in quanto incentivano «un reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro»), l’industria di biomassa vegetale destinata ai cosiddetti “termovalorizzatori” (in realtà, quando un processo trasforma in calore una materia organica, parlando in termini ecologici, non la valorizza affatto, bensì la trasforma in calore ossia la brucia degradandola istantaneamente), gli interessi dei pochi vivai accreditati per commercializzare le varietà brevettate spacciate come resistenti a Xylella (in realtà solo tolleranti e adatte ad impianti superintensivi), il quadro è completo.
Il futuro?
Una Puglia del tutto diversa. Oliveti plurisecolari decimati, numerosi impianti superintensivi ad alto reddito (gli stessi che hanno collassato le riserve idriche in Spagna arrivando, in alcune zone, a prosciugare i bacini idrici e a salinizzare i pozzi), un gran numero di campi eolici e fotovoltaici, contemporaneamente, unica speranza e bagliore in fondo al tunnel, un fiorire di microrealtà collegate all’agricoltura rigenerativa ed alla progettazione in permacultura https://www.permacultura.it/index.php/cosa-e
Cosa possono fare i singoli cittadini?
Conoscere, approfondire, essere consapevoli e divulgare. Oltre a comprare olio proveniente da impianti tradizionali direttamente dai frantoi e non dal supermercato.
Testo elaborato dalla dottoressa Emanuela Sardella – consulente agronomico specializzato in Olivicoltura, gli interessati possono contattarla al 340.9704785