Perché Casamassima è una blue city?

I colori non sono altro che luce e ciò che noi percepiamo come colore altro non è che luce riflessa da un materiale. Lo spettro della luce divide i colori secondo lunghezze d’onda che vanno dalle onde corte del viola alle onde lunghe del rosso. Tra questi due estremi si trovano il blù, il verde, il giallo, l’arancio, con tutte le sfumature intermedie possibili. L’arcobaleno, che taglia i raggi della luce, consente di vedere tutti questi colori. Il blu è il colore preferito dalla maggior parte delle persone, eppure la storia ci insegna che non è sempre stato così: presso gli antichi Greci e Romani, per esempio, il blu aveva una connotazione fortemente negativa, tanto da essere associato agli spregevoli Barbari.  

A documentare la lenta ma progressiva inversione di tendenza che lo riguarda è un esperto in materia - Michel Pastoureau, che ha ripercorso le principali tappe di questo significativo rovesciamento e da vita a un articolato excursus storico che mette in luce l'uso quotidiano, la "rivalità" con gli altri colori, il valore simbolico, il ruolo economico, artistico e letterario che il blu ha avuto dal Neolitico sino ai giorni nostri. Considerato un fatto sociale in piena regola, il blu e le sue alterne fortune rappresentano pertanto il ritratto in continuo divenire di una società, quella umana, costantemente impegnata a fissare e ridefinire la propria scala di valori.

Amon-Ra

Anticamera alla tomba del faraone Horemheb (che regnò durante la XVIII dinastia dal 1323 al 1295 a.C.) Il blu nell’arte egizia è associato al cielo e al Nilo, le cui inondazioni rendevano l’Egitto fertile. Simboleggiava la vita e la rinascita: Amon-Ra, dio creatore e increato, viene rappresentato con la pelle e il volto blu. 

Per gli egizi il blu era considerato un colore benevolo che avrebbe protetto i morti dal male nell'aldilà, quindi una tintura di questo colore veniva anche usata per colorare i tessuti con cui venivano avvolte le mummie. In Egitto il blu era associato al cielo e alla divinità. Il dio Amon  poteva rendere la sua pelle di questo colore in modo da poter volare, invisibile, attraverso i cieli. Il blu poteva anche proteggere dal male: molte persone nel bacino del Mediterraneo indossano ancora oggi un amuleto blu, che rappresenta l'occhio di Dio, per proteggersi dalle sventure.

L’occhio di Horus

E’ uno dei simboli egiziani più famosi e si riteneva fornisse protezione, salute e ringiovanimento. Questo simbolo magico veniva popolarmente usato come amuleto. Ancora oggi continua ad essere usato come simbolo di protezione.

Il blu era un colore uranico e divino; nell'antica Grecia il più importante degli dei dell'Olimpo, ovvero Zeus, era identificato e associato al colore blu, simbolo di superiorità e di purezza d'animo; il blu è il colore del cielo, quindi per le civiltà antiche era il colore del luogo nel quale risiedevano le divinità, la vetta del Monte Olimpo appunto. Legato al blu è ovviamente anche Poseidone, fratello di Zeus e dio dei mari, e da questo legame marino possiamo anche associare i ciclopi, figli del dio, e ovviamente l'epopea del famoso Ulisse, che passò anni di navigazione per ritornare alla sua patria Itaca dopo l'assalto di Troia, come ci racconta il sommo poeta antico Omero. Sempre per l'elemento dell'acqua, il blu è associato alle figure mitologiche che lì vivono, come le nereidi, le ninfe, le sirene. 

A Roma al contrario vestirsi di blu era di solito considerato sminuente, eccentrico (soprattutto in età repubblicana e all'inizio dell'Impero) oppure era segno di lutto, ma per i romani il blu era soprattutto il colore dei barbari, celti e germani, che, a detta di Cesare e di Tacito, avevano l'abitudine di tingersi il corpo di questo colore per spaventare i loro avversari.

Druidi i maghi celtici

La parola druido denota l'appartenente alla classe dei sacerdoti della religione dei Celti, attraverso buona parte dell'Europa centrale e nelle isole britanniche. I druidi costituivano l'elemento unificante e i depositari della cultura del popolo celtico, peraltro così disgregato e discorde sul piano politico.
Le pratiche druidiche erano parte della cultura di tutte quelle popolazioni chiamate Keltoi e Galatai dai greci e Celtae e Galli dai romani.

Il blu scuro veniva ampiamente usato nell'arte bizantina. Cristo e la Vergine Maria di solito venivano raffigurati con vesti di colore blu scuro o viola e il blu veniva usato come colore di fondo per rappresentare il cielo nei magnifici mosaici che decoravano le chiese bizantine.

Il soffitto a mosaico blu raffigurante il cielo notturno nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.

Nel mondo islamico il blu occupava un ruolo secondario rispetto al verde, ritenuto il colore preferito dal profeta Maometto. In alcuni periodi, nella Spagna moresca e in altre parti del mondo islamico, il blu era il colore indossato da cristiani ed ebrei, perché solo ai musulmani era consentito vestire di bianco e verde. Piastrelle decorative di colore blu scuro e turchese venivano utilizzate assiduamente per decorare le facciate e gli interni di moschee e palazzi dalla Spagna all'Asia centrale. Il pigmento di lapislazzuli veniva anche usato per creare il blu intenso delle miniature.  

Un altro importante fattore che contribuì ad accrescere il prestigio del colore blu nel XII secolo fu la venerazione della Vergine Maria e un cambiamento nei colori utilizzati per rappresentare i suoi abiti. Nei secoli precedenti, infatti, Maria veniva quasi sempre raffigurata con abiti di colore scuro: nero, grigio, bruno, viola, blu o verde cupo. Così  il blu rappresentava la trascendenza, il mistero e il divino. È il colore del cielo e quindi è considerato un colore celestiale, associato alla santità, all'umiltà e alla virtù.

Incoronazione di Luigi XI di Francia e Bianca di Castiglia a Reims nel 1223; miniatura 1450 circa

Il re Luigi IX di Francia, meglio noto come Luigi il Santo (1214-1270), divenne il primo sovrano francese a vestirsi regolarmente di blu, in seguito imitato da altri nobili. Anche il leggendario Re Artù iniziò ad essere raffigurato vestito in blu. Lo stemma dei re di Francia divenne uno scudo azzurro o blu chiaro, cosparso di furs de lys o gigli dorati. Il blu uscì dall'oscurità per divenire il colore reale. Una volta divenuto il colore dei re, il blu divenne anche il colore dei ricchi e potenti d'Europa. Nel Medioevo, in Francia e in parte dell'Italia, la tintura dei tessuti blu era consentita solo con una licenza rilasciata dalla corona o dallo stato. In Italia la tintura del blu era assegnata a una specifica corporazione, i tintori di guado, e non poteva essere eseguita da nessun altro senza incorrere in pene severe. All'epoca indossare abiti blu era indice di dignità e di ricchezza.

Di blu sono dipinte anche alcune cittadine. E’ il caso del  Borgo Antico di Casamassima di impronta medievale, un comune a cavallo tra religiosità e radici profonde nella Storia del passato.  Il Borgo è molto suggestivo, ricco di piccole strade costeggiate da basse casette di pietra che conservano pareti dipinte di azzurro. E la storia dell’uso del colore ha influenzato anche la colorazione dei muri.

La storia narra che nel 1656, quando a Bari sbarcarono dei marinai con la peste che contagiarono circa 20mila persone portandole alla morte. La malattia, diffusasi rapidamente, dal capoluogo raggiunse in breve tempo le porte del borgo di Casamassima, che si richiuse all'interno delle sue mura, evitando qualsiasi contatto con il mondo esterno e sperando che un miracolo risparmiasse il paese dalla pestilenza. Ebbene, le preghiere della popolazione furono accolte e Casamassima non fu colpita dal contagio. Nel 1658, il duca Orlando Vaaz, fece edificare una chiesetta in onore della Madonna di Costantinopoli, nel rispetto di un voto alla stessa fatto, ordinò che tutte le case fossero riverniciate con calce viva per riportare igiene e pulizia. E allo stesso tempo diede l’ordine che tutte le abitazioni fossero imbiancate aggiungendo però alla calce viva l’azzurro, il colore del manto del Maphorion" (il velo)  della Madonna.

Madonna di Costantinopoli

Le varie Madonne di Costantinopoli sono repliche di esemplari iconografici orientali: la Blachemitissa (Maria in atteggiamento di orante, Gesù all’altezza del ventre), l'Odigidria (la Vergine che regge in braccio il Figlio e lo indica), la Nikopoia (Maria seduta in posizione frontale, con il bambino in grembo), l'Eleusa (variante dell'Odigitria, con la Vergine che accosta la guancia a quella di Gesù) e diverse varianti di quest'ultima come la Glicofilusa e la Pelagonitissa.

Ricavare una tinteggiatura economica in una vasta gamma di sfumature di azzurro è la cosiddetta calce blu o poltiglia bordolese: si tratta di un composto di latte di calce (un grassello molto diluito fino a una consistenza liquida) e solfato di rame utilizzato in passato come trattamento fitosanitario per la vite e gli alberi da frutto. Veniva spesso utilizzata per la tinteggiatura di edifici rurali o di edilizia minore e in particolare in ambienti di servizio come stalle, cantine o dispense, perché all’azzurro si attribuivano proprietà disinfettanti e la capacità di allontanare le mosche.

La poltiglia bordolese è un fungicida utilizzato come anticrittogamico in agricoltura e nel giardinaggio.  Il preparato è ottenuto dalla neutralizzazione del solfato rameico pentaidrato con idrossido di calcio. La neutralizzazione si rende necessaria per rimediare alla fitotossicità del solfato di rame puro e permette l'utilizzo diretto della poltiglia in sospensione. Era già utilizzato ai tempi dei Romani, come composto a base di rame e calcio, diluiti in acqua.

In realtà questa non è l'unica storia legata al colore utilizzato per dipingere i muri della cittadina. Un'altra storia imputa l'azzurro alle casalinghe. Si narra che queste, nel fare il bucato, aggiungessero la polvere azzurra all’acqua, per evitare che i tessuti si ingiallissero. Una volta terminato il lavaggio l’acqua – elemento prezioso in una terra assetata da sempre - veniva poi mescolata alla calce e riutilizzata per riverniciare le pareti, o anche usata per lavare i muri delle case, dando di fatto la caratteristica colorazione azzurra alle abitazioni.

Secondo gli studi e gli approfondimenti dell’architetto Marilina Pagliara, la storia è ancor un’altra. Già negli anni settanta, in visita alla città aveva notato e pareti delle abitazioni erano dipinte da mille sfumature che dal celeste chiaro esplodevano nell’indaco, traboccante di storia secolare attraverso gli strati di calce struggenti in uno scenario avvolgente e suggestivo, in contrasto con gli altri paesi pugliesi tradizionalmente bianchi. L’appellativo di Paese Azzurro era stato dato alla cittadina dal pittore milanese Vittorio Viviani. Egli, di passaggio negli anni ’60, rimase affascinato da questa particolare cromia dedicando numerose opere alla città.

Blue city - olio su tela, Vittorio Viviana

L’architetto partendo dalla lettura dei muri, ha indagato con altre “città blu” quali Chefchaouen in Marocco. E’definita "città blu" perché le sue case sono dipinte del colore turchese.

Le teorie più diffuse sul perché Chefchaouen è blu sono due: una concerne l’ambito religioso e l’altra, potremmo dire così, l’ambito artigianale. La prima attribuisce la scelta di dipingere tutta la città di blu a una questione spirituale ebraica. Tra i fondatori di Chefhcaouen, infatti, sembrerebbe esserci stata una consistente comunità semitica, la quale decise di dipingere le case di blu per avvicinarsi a Dio, in quanto il blu è considerato colore del paradiso. La seconda, appartenente ai manuali di sapere contadino (e oggi potremmo aggiungerle il connotato di ecologica), afferma che il colore blu delle pareti fu usato, e lo è tuttora, come semplice rimedio contro le zanzare. Per qualche motivo il blu fungerebbe da repellente per questi insetti, che possiamo presumere, a questo punto, invadessero la cittadina di Chefchaouen.

Se, in effetti, esistano degli studi oramai datati, i quali sostengono che le zanzare siano attirate dai colori scuri e invece respinte da quelli chiari, questi fanno principalmente riferimento agli abiti indossati e non alle mura di una città, mura che d’altronde sono già chiare nella loro veste bianca. Ma, si sa, i rimedi popolari portano con sé un potere palliativo da essere totalmente inconfutabili. Pur essendo entrambe due ipotesi plausibili forse c’è ne un’altra meno romantica: Chefchaouen è blu a causa del sole. Le pareti scure alleviano il riflesso accecante del sole sulle pareti bianche delle case. Probabilmente, a causa della sua posizione incastonata nella vallata delle montagne del Rif, il sole la colpisce in modo particolare da creare un riflesso insopportabile.

Safed in Israele

Jodhpur in India

Tornando a Casamassima, nel borgo pugliese domina la figura di Miguel Vaaz de Andrade. Ricchissimo mercante portoghese rifugiatosi a Napoli, ebreo e apostata per convenienza, entra nelle grazie del viceré mecenate conte Lemos. Il mercante acquista vari territori in Puglia coltivati a grano, tra cui Casamassima nel 1608. Riceve il titolo di duca e nasconde tra le possenti mura una comunità ebraica, come segnala la presenza della stella a sei punte su un’abitazione. Queste città hanno tanti elementi in comuni: il paramento murario, parte di volumi, gli archi, alcuni scorci, tratti di pavimentazione, elementi architettonici. La sensazione è quella dell’intrecciarsi tra loro in un abbraccio blu.

l punto della ricerca della Pagliara ritorna a Casamassima chiudendo idealmente un cerchio: non è infatti un caso che tra le personalità della storia antica della cittadina pugliese ci sia il mercante di origini ebraiche Miguel Vaaz de Andrade, che nel XVII secolo acquistò il feudo di Casamassima grazie ai ricchi introiti della compravendita del grano. Che sia dunque stato Vaaz de Andrade a fondare una piccola comunità giudaica nel coloratissimo villaggio in provincia di Bari?

Mi piace pensare che non ci sia una sola motivazione che ha fatto dipingere di blu le pareti delle città,  ma che sia il frutto di più fattori e molteplici culture che hanno incrociato il loro cammino, le loro vite, il loro sapere e in un luogo chiamato casa.

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